Dover affrontare la situazione di un genitore anziano che non vuole la badante, o seppur bisognoso d’aiuto si rifiuta risolutamente di collaborare con la badante che con tanto impegno vi eravate premurati di cercare, può non essere facile.
Non lasciatevi scoraggiare: si tratta di una situazione diffusa che i famigliari dell’assistito devono imparare a gestire con obiettività e fermezza. Ad un anziano abituato dalla vedovanza a vivere per conto proprio può risultare piuttosto difficile l’idea di dividere lo spazio della propria casa con un’altra persona, per di più sconosciuta.
Le prime esperienze con una badante possono perciò essere dure sia per l’assistito che per i suoi famigliari. Agire nell’interesse dell’anziano può comportare talvolta delle scelte dolorose, magari contrarie alla volontà espressa almeno inizialmente dall’anziano stesso.
Oltre all’attaccamento alle proprie abitudini di vita, l’assistito può opporsi all’idea di dover essere seguito, di fatto rifiutando orgogliosamente la propria condizione di persona non più totalmente autonoma bensì bisognosa d’aiuto. Altre volte, nel caso di una moglie o di un marito che abbia necessità di essere assistito, per il coniuge può essere difficile accettare l’inserimento di una terza persona all’interno della coppia.
Vi siete trovati tutti d’accordo, in famiglia, sull’idea di non trasferire la persona cara in una casa di riposo, ma poi vi siete resi conto che ne rimane ancora da fare per garantirsi serenità ed efficienza. Per arrivare ad una soluzione soddisfacente per tutti il percorso può essere però lungo e faticoso o invece relativamente breve. Vediamo perché.
I limiti di una soluzione interna alla famiglia
L’assistenza ad una persona che non è più autosufficiente non è solo un fatto di umanità ma può avere risvolti penali per i famigliari che non se ne curino adeguatamente. Infatti una persona non autosufficiente non può rimanere abbandonata a sé stessa solo perché si è opposta alla presenza di una badante.
Di fronte al rifiuto della badante da parte dell’anziano, può succedere che un famigliare – magari uno dei figli della persona da assistere – decida di usufruire della legge 104 per occuparsi in prima persona dell’anziano.
La legge prevede che un lavoratore possa contare su un congedo retribuito di 2 anni per dedicarsi all’assistenza del proprio caro convivendo con lui. La condizione principale per poter procedere in questo modo è che l’anziano sia stato riconosciuto dall’Asl, previa apposita visita, come portatore di handicap grave. I limiti di questa soluzione sono evidenti: oltre a comportare un grosso sacrificio in termini di libertà personale, vita privata e professionale, il famigliare potrà fare assistenza solo per un massimo di 2 anni. In pratica è una soluzione-tampone che non risolve il problema.
Per i famigliari c’è la possibilità di far firmare all’anziano ancora capace di intendere e di volere una dichiarazione con la quale la persona si assume la responsabilità di esentare la famiglia dalla ricerca di una badante.
Questo per evitare ai famigliari possibili problemi con la giustizia, ma di certo non si può dire che così si sia risolto il problema dell’assistenza all’anziano.
La soluzione efficace: una badante preparata in modo professionale
Si torna così a ragionare sull’opportunità di impiegare una badante e farla accettare all’anziano. A questo punto non si può non lavorare anche dal punto di vista psicologico sulla persona che ha bisogno di assistenza: con il dialogo l’anziano dovrebbe arrivare a comprendere che per lui i benefici di un’assistenza di una figura professionale sono superiori agli svantaggi in termini di intimità e privacy famigliare.
La badante non va imposta bensì presentata come un’opportunità. All’accettazione di questa soluzione dovrebbe poi arrivare l’anziano stesso. A quel punto la palla tornerebbe ai famigliari, che non possono più sbagliare nella scelta della persona da affiancare al loro caro. Sarebbe infatti un errore – un vero e proprio autogol, per continuare ad usare il linguaggio sportivo – dopo tutta la fatica fatta per far comprendere all’anziano la bontà della soluzione-badante, scegliere una persona sbagliata, cioè inadatta alla situazione specifica, che non è in grado di ottenere i risultati auspicati.
Il consiglio è di non improvvisare, di non affidarsi al sentito dire, al passaparola, bensì alla professionalità di un’agenzia di selezione che non lascia nulla al caso. Pensate ai danni che può fare una badante che vi è stata consigliata da qualcuno ma che si rivela poi inadatta a lavorare con il vostro caro. Non solo è tempo perso, ma può convincere l’assistito che la badante non fa per lui, quando invece si tratta di trovare la badante giusta. E grazie al lavoro di un’agenzia professionale, ciò è possibile.