Se una badante si rifiuta di sottoscrivere un contratto, chiedendo il pagamento in nero, non accettate, perché potrebbe rivelarsi una trappola per voi.
Un giorno infatti, quando il rapporto di lavoro sarà arrivato al termine, quella badante che vi ha convinto ad assumerla in nero potrebbe presentarvi un conto molto salato proprio per non essere stata messa in regola.
E’ stato calcolato che circa il 75% delle lavoratrici che viene impiegata in modo irregolare finisce per far causa al datore di lavoro dopo aver preso congedo dalla famiglia nella quale lavorava.
Tenete presente che la legge italiana in questi casi tutela il lavoratore e quindi in tribunale l’esito è quasi sempre favorevole alla badante. Ben più rari i casi in cui la denuncia parta da un accertamento ispettivo dell’autorità competente.
Fare “carte false” non premia
Va detto che non è facile, per il datore di lavoro, districarsi tra paghe, contributi, casse previdenziali, permessi, ferie e malattia della badante assunta. Succede purtroppo che molte famiglie, spaventate dall’esborso che comporta l’assunzione di una badante convivente, ricorrano a pagamenti in nero o dichiarino meno ore di lavoro di quelle effettivamente svolte dalla lavoratrice.
Infatti la maggior parte delle vertenze non riguarda il “nero” vero e proprio, ma irregolarità come lo sconfinamento tra i diversi inquadramenti previsti dal contratto collettivo della categoria colf e badanti.
In caso di assunzione di colf/badanti, invece, il datore di lavoro ha diritto ad alcune agevolazioni fiscali. Il Caf predispone infatti la dichiarazione sulle somme erogate durante l’anno, necessaria per ottenere la deduzione dei contributi Inps versati.
Chi assume una badante per assistere un soggetto non autosufficiente ha diritto, oltre a questa deduzione a un ulteriore detrazione del 19%, per un importo non superiore ad euro 2.100 euro.
Cosa rischia il datore di lavoro che non mette in regola una badante
Negli ultimi anni, complice il boom del mercato delle badanti, il legislatore ha inasprito le pene per chi impiega in modo illegale una lavoratrice. Si applicano infatti le stesse sanzioni previste per il lavoro in nero dal Decreto Semplificazioni (d.lgs. 151/2015).
La sanzione varia in base al numero di giorni di impiego in nero:
- Entro i 30 giorni l’importo della sanzione va da un minimo di 1.500 euro ad un massimo di 9.000 euro
- Tra i 30 e i 60 giorni la multa sale da un minimo di 3.000 euro ad un massimo di 18.000 euro.
- Oltre i 60 giorni si va dai 6.000 ai 36.000 euro.
L’assunzione in nero di una collaboratrice domestica non in regola con il permesso comporta inoltre un aumento della sanzione amministrativa del 20%.
La mancata iscrizione della badante all’Inps comporta una sanzione compresa tra i 1.500 e i 12.000 euro, più 150 euro per ogni giornata lavorativa svolta dalla lavoratrice.
L’assunzione (così come una variazioni al contratto o la sua cessazione) va comunicate all’Inps almeno 24 ore prima dell’inizio dell’attività lavorativa, pena una multa che può andare dai 200 ai 500 euro.
Sanzioni per omesso pagamento dei contributi
Per l’omesso pagamento dei contributi di ogni lavoratore, il datore di lavoro deve pagare le sanzioni civili al tasso del 30% in base annua calcolate sull’importo dei contributi evasi con un massimo del 60% ed un minimo di 3.000 euro, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata.
Quindi, anche per una sola giornata di lavoro “in nero”, il datore di lavoro può essere punito con la sanzione minima applicabile di 3.000 euro. Questa sanzione civile è cumulabile con le sanzioni amministrative per la mancata comunicazione e per la mancata iscrizione all’Inps nei termini stabiliti.
Se si pagano i contributi in ritardo sono previste sanzioni pecuniarie da parte dell’Inps, al tasso vigente alla data di pagamento o di calcolo (attualmente pari al 6,50% in base annua) e per un massimo del 40% sull’importo dovuto nel trimestre o sulla cifra residua da pagare, a condizione che il datore di lavoro effettui spontaneamente il versamento entro i 12 mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi.
Se questo termine non viene rispettato si ricade nel caso dell’evasione contributiva, sanzionata con un’aliquota del 30% in base annua sull’importo evaso nel trimestre.
Badante senza permesso di soggiorno
“Dulcis in fundo”, nel caso in cui la badante non sia in regola con il permesso di soggiorno, a queste sanzioni si aggiunge l’arresto da tre mesi ad un anno e l’ammenda di 5000 euro per ogni lavoratore impiegato. È solo l’ultimo e più drastico esempio di come fare “carte false” nell’ingaggiare una badante proprio non conviene.